Il talento di Persefone
Manco di un dolore profondo
di quelli che disincarnano l’anima
e la fanno sublime.
Fin qui gli anni sono stati un abbraccio forte
dato al buio, come di chi non sa parlare
e alle braccia cede quel potere.
Anni trascorsi con la scure alla radice,
anni di verità fallite, di gioie laciniate.
E’ dunque mio un dolore tutto intero,
già maturo, già presente nel pianto
insolente della nascita. Ne sento
il mormorio di mare, il moto di risacca
nelle viscere – salmastro respiro di lama
dentro m’incide l’evento che consola.
***
Baciata dall’attimo e da quel bacio all’attimo
consegnata sminuzzo la realtà per meglio amarla,
nell’ora in cui le rondini tornano
ad abitare le fessure di pietra e gli angoli
della stanza placano la loro aguzza forma.
Vorrei tornare a questa vita col privilegio
di chi non si è mai guardato in uno specchio
per darmi un’esitante certezza ora che esito soltanto.
***
Gli chiederei d’affidarmi la sua paura
se io stessa non temessi, avendone cura,
di renderla coraggio. Più giusto è
che rimanga sua e sia tregua alle certezze
sia disarmata volontà, imprevisto dubbio.
Placet per chi nell’incerto sta saldo
e mente al suo dolore e improvvisa aurore
perché germogli ardire nel cuore inzaccherato.
***
Ha occhi chiari, ardenti, un’omelia indecente
alla mia fuga tra i pori della sua sostanza.
Ha sembianza di siepe, ma a volte
diviene un sicomoro e dalle sue spalle io
abbraccio Dio.
***
Il suo nome è un crepuscolo avventato
che mi scorre lungo la nuca fino ai lombi
e oltre dove la virtù si disfa in particole
di desiderio quando la sera è fossa in cui m’interro
il corpo suo. E vado via a ritroso – foglia
che torna sul ramo – morso d’anima a soffocare
l’urlo di me ribelle al suo Talitha kum
perché è nella nostra morte che io voglio restare.
***
Accusata stavo nello spazio
tra chi chiama e chi è chiamato
e lui, lieve, tracciava segni sul mio viso
- nessuno scagliò pietre, né io chiedevo perdono.
Ma per quanto indicibile sia il sacrificio
posso ora pregarlo: rinnovami
con la tua lingua d’issopo
chiamami alla santità
includimi nel conto delle tue mani
perché il due sia perfetto nell’Uno.
***
Diresti che sogna, stanco, sceso dal tempo
tornato all’ignoranza poiché di sé sa poco
e meno ancora sa del suo presente e come me
lascia che accada il provvisorio.
Sembra sua la mia irosa piaga
ora che tendo dove la passione soggioga la pace
in una scialba tentazione di cose troppo presto mie.
Eppure non so quale destino plasmava per me
mia madre col suo sangue, dunque ignoro
in cosa ho mancato, né so cos’è di te
che manca alla mia quiete
ma indugio dolce alla tua guerra.
Per questo e altro credila pura la legge
che mi lega ai sensi e mi vota alla necessità
di stare nel gerundio. Poiché amando
mi voltai prima che la tua voce mi chiamasse
con un nome nuovo, vedo questa imperfetta gioia
rinviare l’arrivo di una dissimulata tregua
e porto a riva quanto appreso nell’inganno
mi libera al volo – assolto il padre – ma solo in sogno
trova compimento, il giusto spazio, l’adeguato tempo
per chiedersi se sia vero, se sia possibile.
E in questa pace obliqua fu facile tacersi
ciò che andava detto e come è stato opaco
il tuo spogliarmi e poi non riconoscermi.
Ma fossi stata solo amata avrei imitato il cuore:
fedele e arreso nel dovere del battito.
Così ho sacrificato per te la mia salvezza
e sconto la nostalgia per quanto di te
è unghia nella pelle, è poesia feroce
ma – peccatrice in proprio – settanta volte sette
ti perdono quel sì detto di profilo.
***
Radùnati attorno al mio respiro
fatti specchio ai demoni che lo abitano
ch’io sappia da che guarire
e impari il nome del mio male
lontano dal tuo corpo sagrato
del divino in me. Affidami il tuo dire
traverso – frangiflutti che sparpaglia l’onda
del mio sentire. Accordami la parola
che sola salva dal sospetto che impuri siano
i desideri di Dio se noi ne siamo l’oggetto.
***
Conservami il luogo in cui mi hai attesa
dammi l’odore della mia assenza
il sapore della tua impazienza.
Offrimi la misura della distanza e poi
colmala di diuturna presenza.
Cheta la fede indietreggiata
al tuo sguardo di chiesa sconsacrata
fanne scandalo alla mia cieca virtù.
***
Assicurami il talento di Persefone
tu, mia ragione scoscesa a picco
sull’ubiquità di cui mi fai capace.
Muta in furtiva voce la vertigine
di essere riva al tuo destino
perché non si sconsacri il cuore
nel presagio della carestia
e sia divino questo nostro umano
tentare l’invisibile.
***
Andare dove la luce dura l’infanzia
e il passo svelto di quanto in me riposa
in altra quiete e invecchia alla distanza
del fiato corto delle cose.
E’ tempo anche per me d’invecchiare
ma piano ancora come chi fa le cose a peso
confuso dallo sciabordio dell’eternità
contro la chiglia di ogni attimo.
E quella luce cui vado in trasparenza
in dismisura di te che al canto sfrondi il mio penare
è cronaca d’ombra, veste del mio nuziale esistere.
***
Sulla collina a Cnosso lei imbrigliava
gli ulivi intorno e le vigne
con le vene del suo corpo
perché lui ritrovasse se stesso
come era prima che il destino
ne oscurasse il volto.
Appena prima che il filo di lei si spezzasse
all’altezza del vero e solo il dubbio
rimanesse a carezzare il mistero.
Non è sicuro rifugio l’azzurro…
No, se la radice dell’aria é fuoco
e d’acqua si nutre la luce e sui ciottoli
crepitano le onde e il vento ha fiamme d’ombra…
S’incendia la voce in una tarda veglia
e nella carne si rinserra la preghiera:
Che lui sia coraggio dove io esito
sazietà dove geme la mia fame
fede dove m’addenta il dubbio
e forza ancora per ledere il silenzio
e trarne l’obolo al dio deiscente nel mio canto.
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Curriculum artistico
Lucianna Argentino è nata a Roma nel 1962.
Dai primi anni novanta il suo amore per la poesia l’ha portata a occuparsene attivamente come organizzatrice di rassegne, di letture pubbliche, di presentazioni di libri e con collaborazioni a diverse riviste del settore.
Sue poesie sono presenti in diverse antologie tra le quali
“Poesia’ 90″ (Il Ventaglio),
“Incontro di poesia” (Rebellato, 1992),
“Poesia degli anni novanta” (Poiesis),
“Poeti senza cielo, vol. 2°” (Il Melograno),
“Il segreto delle fragole” (2009)
e in riviste quali “Poiesis”, “Origini”, “Gradiva”, “La Mosca”, “Italian Poetry Review”, “Il Monte Analogo”, “The world poets quarterly” (tradotte in inglese e cinese), “L’ustione della poesia” (ed. Lietocolle 2010), “La Clessidra”, “NoiDonne”, “Capoverso”, “Il Fiacre n.9”, “Arenaria”.
E’ presente in diversi blog di poesia, come “lapoesiaelospirito”, “Imperfetta Ellisse”, “liberinversi”, “Isola Nera”, “Furioso Bene”, “blanc de ta nuque” “Amigos de la urraka”, “La dimora del tempo sospeso” (Rebstein), “Nazione Indiana”, “Le vie “poetiche”.
Fa parte della redazione del blog letterario collettivo “viadellebelledonne”. E’ coautrice con Vincenzo Morra del libro “Alessio Niceforo, il poeta della bontà” (Viemme, 1990).
Ha pubblicato i seguenti libri di poesia:
“Gli argini del tempo” (ed. Totem, 1991),
“Biografia a margine” (Fermenti Editrice, 1994) con la prefazione di Dario Bellezza e disegni di Francesco Paolo Delle Noci;
“Mutamento” ((Fermenti Editrice,1999) con la prefazione di Mariella Bettarini;
“Verso Penuel “ (Edizioni dell’Oleandro, 2003), con la prefazione di Dante Maffia;
“Diario inverso” (Manni editori, 2006), con la prefazione di Marco Guzzi.
Con Pagina-Zero ha realizzato nel 2008 un e-book tratto dalla raccolta inedita
“Le stanze inquiete” e nel 2011 un nuovo e-book dal titolo
“Nomi” con il blog “Le vie poetiche”.
contatti: lucianna.argentino@gmail.com
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